Gli indimenticabili autori di “A Horse With No Name” si apprestano a fare ritorno nel nostro paese, il 5 agosto al Porto Turistico di Boretto (RE). In quest’occasione abbiamo avuto il piacere e l’onore di intervistare uno dei fondatori, Gerry Beckley, in un interessante viaggio tra passato e futuro di quello zoccolo duro di musicisti che non solo ha fatto la storia del rock, ma sa anche come portarla avanti attraverso i decenni e le generazioni.
Dopo neppure un anno dall’ultima performance, gli America sono già tornati a esibirsi in Italia, con nostro immenso piacere. Cosa vi lega così tanto al nostro paese?
Gerry Beckley: Amiamo l’Italia, e coglieremo ogni occasione per visitarla ed esibirci.
C’è qualche musicista nostrano con cui avete avuto incontri piacevoli, o che apprezzate particolarmente?
Conosco Alberto Fortis da molti anni. Ci siamo rivisti durante il nostro ultimo tour italiano.
Dopo più di 40 anni di carriera e di tour in giro per il mondo, c’è un posto dove vi sarebbe piaciuto suonare e non siete ancora stati?
Non abbiamo mai suonato in Scandinavia. Ci piacerebbe visitarla, un giorno.
Musicalmente parlando, quale genere avreste voluto sperimentare?
Personalmente amo tutti i generi musicali. Di recente ci siamo esibiti in alcuni concerti sinfonici, ed è stata sempre una bella esperienza.
Quali sono le differenze e le difficoltà che si possono incontrare passando da un contratto con un etichetta indipendente a quello con una major, e relativi producer di fama internazionale?
Ogni progetto discografico è un’esperienza unica nel suo genere. Una major presenta sicuramente alcune differenze rispetto a una piccola etichetta indipendente, ma entrambe hanno punti di forza e di debolezza.
Cosa vi ha spinto, dopo più di 20 anni, a rivolgervi nuovamente ad una major per l’uscita di “Here and Now”?
Era il momento giusto e il progetto giusto. E’ stato grandioso lavorare con Adam [Schlesinger] e James [Iha].
Oltre a un’eccellente carriera sul palco, siete stati anche autori di alcune soundtrack. In cosa si differenzia il processo compositivo e creativo di un normale album studio, rispetto a quello per la colonna sonora di un film?
Comporre una colonna sonora è una specie di lavoro su commissione. Quando qualcuno ti chiede una mano extra, per un progetto già esistente.
Il vostro ultimo album “Back Pages” racchiude diverse cover, e molti ritengono che una band si riduce a pubblicare cover quando è giunta al capolinea. Come rispondete a tutto ciò?
Non è vero. Le prime incisioni dei Beatles contenevano numerose cover. E James Taylor è noto per le sue bellissime versioni di canzoni già esistenti almeno quanto i suoi inediti.
E’ giunta notizia che Ron Howard girerà un nuovo film sulla carriera dei Beatles. Avete mai pensato di far immortalare anche la vostra con un documentario girato da un regista di fama internazionale?
Che idea grandiosa! Dovremmo proprio farlo. Per caso hai il numero di Steven Spielberg?
La vostra musica ha coinvolto e reso partecipi numerose generazioni. Che messaggio pensate possano dare i vostri pezzi, ai giovani del 2014?
Quello che facciamo ogni sera cambia ben poco. Sono le sale, il pubblico e gli eventi stessi a cambiare.
Quali sono i progetti futuri degli America?
Non abbiamo in cantiere nuovi album, ma ci sono diversi inediti miei e di Dewey che stiamo considerando per un eventuale progetto futuro. Ci stiamo inoltre accordando per le registrazioni di “Back Pages Vol. II”.
Grazie mille, Gerry!
Grazie a voi!
Di Annalee Hudson
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