Insomnium – Anno 1696

Tornano a quattro anni di distanza dall’ultima fatica discografica Heart Like A Grave del 2019 i finlandesi Insomnium, una di quelle band che sono ormai sinonimo di garanzia e che nei loro circa vent’anni di carriera hanno sempre mantenuto un livello di qualità invidiabile in ogni loro uscita, diventando una delle punte di diamante del panorama death metal moderno. In realtà parlare puramente di death metal melodico è ampiamente riduttivo a questo punto della carriera di una formazione che è sempre più dedita ed esplorare e contaminare la propria proposta musicale con elementi folk, black metal, doom e anche progressive, mantenendo tuttavia un’identità in quel filone melodeath che ha reso celebri album del calibro di Above The Weeping World.

Anno 1696 è un concept album come fu Winter’s Gate del 2016, con otto tracce che sono come otto capitoli di un libro da gustare dall’inizio alla fine. Il suddetto racconto creato dalla penna di Niilo Sevanen (cantante e bassista del gruppo), è stato in realtà ispirato da fatti realmente accaduti in terra scandinava in un tempo molto lontano da noi; si tratta dei processi per stregoneria avvenuti alla fine del XVII secolo nei pressi di Torsaker, cittadina in cui in appena un giorno settantuno donne furono decapitate e date alle fiamme sotto tale accusa di stregoneria, in un paese già messo in ginocchio dalla carestia in cui in quegli anni secondo diverse fonti storiche tra un terzo e un quarto della popolazione morì di fame per via del magro raccolto. In un contesto già così drammatico quindi la “caccia alle streghe” fu l’ennesimo avvenimento nefasto per una popolazione già martoriata dalla fame che si vide anche vittima del becero e cieco fanatismo religioso. Anno 1696 riesce davvero a trasmettere la tragicità della narrazione presentata anche in veste musicale, per un disco che suona disperato come non mai, e che racchiude un’emotività in se davvero tangibile ma che allo stesso tempo riesce a ricreare un atmosfera glaciale e tipicamente scandinava in tutto e per tutto, trasportando l’ascoltatore nella desolante realtà di quei tempi e quelle terre lontane. L’album è senza dubbio il prodotto più versatile e vario mai prodotto dagli Insomnium non solo per il ruolo di guest vocalist come Sakis Tolis dei Rotting Christ in White Christ o Johanna Kurkela in Godforsaker, ma anche per lo spazio che la musica concede ad elementi diversi quali il folk o più in generale gli stacchi e le sezioni acustiche, le sfuriate black metal con tanto di blast-beat incessante, le venature progressive di alcuni brani, e non per ultimo il classico melodeath dei finlandesi in brani più immediati come Lilian per esempio. L’opener 1696 ci introduce ai paesaggi tristi e desolati del racconto con una sezione acustica che sfocia in un blast-beat feroce in cui il narratore fa calare l’ascoltatore in questo tetro racconto – ” hours of bloodshed, hours of lies, the hour of murders and vile crimes, no redemption and no pity, no forgivness of the White Christ” – il racconto della storia sembra passare dal punto di vista del narratore a quello dei persecutori (o meglio del loro leader), impersonato da Sakis Tolis in White Christ, scelta per chi scrive davvero azzeccata in quanto la sua pronuncia palesemente mediterranea si contrappone a quella scandinava di Niilo Sevanen riuscendo perfettamente ad impersonare il ruolo di “invasore arrivato da una terra lontana” pronto a trasportare la torcia del suo “Cristo Bianco” portando “sventura e miseria ai seguaci di lucifero” – “I hold the flame of The White Christ here on the verge of damnation, can you hear Lucifer’s call?” – White Christ si contrappone alla disperata ed evocativa furia dell’opener in quanto suona molto più cupa e minacciosa, con un andamento più cadenzato in cui si vuole introdurre appunto per la prima volta la figura dello spietato invasore all’interno di questo racconto. Segue Godforsaker che per chi scrive è il capolavoro assoluto del disco con le sue gelide atmosfere rese ancora più epiche e evocative dalle tastiere di Coen Jansen (tastierista degli Epica preso in prestito per questo album), oltre che dai vocalizzi di Johanna Kurkela – essa si cala benissimo nel ruolo di una delle tante vittime di questa disperata vicenda e aggiunge quel bagliore li luce in un pezzo in cui le tenebre sembrano avvolgere completamente l’ascoltatore- è anche da notare come questa sia la prima volta in assoluto che una voce femminile presenzia in un disco targato Insomnium. La seguente Lilian rappresenta un ricordo in cui due amanti spezzati e separati per sempre dalla follia dell’estremismo religioso si sono conosciuti per la prima volta. Un piccolo scorcio di speranza in mezzo ad un barlume infernale, e difatti il pezzo, più che disperazione trasmette una struggente malinconia e lo fa con un brano che è il più tipicamente Insomnium del disco con il suo andamento melodeath e i suoi richiami ad album quali Across The Dark o Above The Weeping World. Lilian risulta essere per chi scrive un altro pezzo bellissimo che ci fa piombare direttamente in Starless Paths che ancora una volta gioca tanto sulle atmosfere black metal di Godforsaker aggiungendo un assolo di chitarra di pregevolissima fattura, ancor più apprezzabile se si considera che in questo disco gli assoli vengono offerti col contagocce. The Witch Hunter con i suoi passaggi in “spoken word” ricrea quell’atmosfera di terrore e pericolo che avevamo trovato in White Christ, mentre The Unrest è un singolare e malinconico pezzo totalmente acustico che spezza l’andamento del disco prima del gran finale. The Rapids chiude il platter come meglio non si potrebbe con l’ennesimo pezzo magistrale dove la dolcezza di un pianoforte viene spezzata dalla furia del black metal incorporando poi delle scelte sonore maggiormente vincine al progressive in alcuni frangenti che renderanno questo brano una creazione non troppo diversa da quanto avrebbero potuto partorire gli Enslaved in tempi recenti.

In conclusione possiamo dire che dopo Winter’s Gate gli Insomnium hanno partorito un altro concept album di elevatissima fattura. Un disco che musicalmente è un ulteriore maturazione rispetto a quanto fatto dalla band recentemente, riuscendo a contaminare il loro tipico death metal melodico con il black metal, il folk e il prog, creando un disco evocativo, emozionale e glaciale allo stesso tempo. La produzione, leggermente meno cristallina rispetto agli ultimissimi lavori, risulta però perfetta per questo tipo di sound e si sposa benissimo anche con la parte narrativa che rende questo disco davvero un lavoro da ascoltare dall’inizio alla fine lasciandosi trasportare completamente dalla storia. Gli Insomnium si confermano quindi sinonimo di qualità e grazie ad Anno 1696 credo proprio che nelle consuete liste di fine anno troveremo spesso questa loro ultima creazione comparire tra i migliori dischi del 2023.

Tracklist:
1. 1696
2. White Christ
3. Godforsaken
4. Lilian
5. Starless Paths
6. The Witch Hunter
7. The Unrest
8. The Rapids

Line-up:
Niilo Sevanen – Voce, Basso
Ville Friman – Chitarra
Markus Vanhala – Chitarra
Jani Liimatainen – Chitarra
Markus Hirvonen- Batteria

Anno: 2023
Etichetta: Century Media Records
Voto: 8.5/10

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