Ad Infinitum – Chapter III – Downfall

Anno: 2023
Etichetta: Napalm Records
Voto: 6.5/10

Classificazione: 3 su 5.

Gli Svizzeri Ad Infinitum sono una band che in questi ultimissimi anni hanno iniziato a far circolare fortemente il loro nome tra gli amanti del metal più melodico, sinfonico e catchy. Questi difatti credo siano i tre aggettivi più azzeccati per descrivere il sound partorito dal four-piece guidato dalle doti vocali della talentuosa Melissa Bonny, senza ombra di dubbio l’elemento più interessante di un gruppo che comunque rispetto a tanti altri di quel filone ha il merito di riuscire a dare una certa varietà alla loro proposta musicale come vedremo nel dettaglio in sede di recensione.

Come accennato, gli Ad Infinitum sono di certo una band diretta ad una specifica tipologia di pubblico ben definita; gli amanti del lato più sinfonico del metal o comunque tutte quelle band che hanno una produzione estremamente catchy e melodica (parliamo quindi di band come Delain, Beyond The Black o Amaranthe), potranno sicuramente apprezzare quanto partorito da questa band in questo loro terzo full-lenght album dove il quartetto esplora temi legati alla mitologia e storia dell’antico Egitto avendo nella figura di Cleopatra la musa ispiratrice dell’opera. Ad essere onesti, almeno musicalmente queste tematiche non sembrano sentirsi troppo sul versante puramente musicale salvo che in alcuni singoli episodi come Seth e la conclusiva Legends che hanno effettivamente un’aura mistica che si sposa bene con l’antico Egitto. Il resto suona molto più sulla falsa riga di un metal moderno, catchy, ben prodotto e ben suonato dove la band cerca di variare il proprio sound tra ritmi electro-pop, sezioni più “groovy”, stacchi sinfonici e parti quasi-djent, pesanti e robuste con la voce di Melissa Bonny che si alterna tra pulito e growl in maniera sublime (anche se per la verità l’ottanta per cento di questo disco è orientato verso il cantato pulito), mettendo subito una cosa in chiaro – nonostante gli sforzi del restante della band a nostro avviso, questo disco brilla dove brilla Melissa Bonny. I pezzi che davvero funzionano alla grande infatti sono quei pezzi dove le linee della Bonny sono ispirate e trascinanti – vedi l’operer Eternal Rains dove il meraviglioso ritornello da solo vale il prezzo del brano o anche la successiva Upside Down dove i ritmi electro-metal in stile Amaranthe coadiuvati ad un altro bellissimo chorus che ti si stampa in testa sin dal primo ascolto rende anche questo brano una cavallo vincente che sicuramente farà faville dal vivo. L’altra cosa da ribadire è che la performance di Melissa in se è sempre di alto livello per tutta la durata dell’album sia per quanto riguarda la varietà della sua vocalità che per l’esecuzione. Il problema a nostro avviso nasce dal fatto che sono le troppe linee vocali o brani che non riescono ad avere idee particolarmente vincenti e questo, sempre secondo noi, risulta particolarmente vero nella seconda metà del disco dove la voglia di sperimentare e avventurarsi in lidi sonori più complessi non manca da parte della band, ma allo stesso tempo iniziano ad intravedersi troppi brani poco ispirati dove il quartetto cerca di stupire finendo tuttavia alla lunga per annoiare. Peccato perché l’inizio del disco risultava promettente con le ottime Eternal Rains e Upside Down come già accennato, senza contare Seth, con la sua aurea un pochino mistica, le orchestrazioni vagamente orientaleggianti e la voce sensuale e calda della Bonny che fa la sua figura sopratutto nel bel ritornello, oppure nell’ennesimo singolo estratto da quest’album From The Ashes, dove il gruppo si avventura verso la fine del pezzo in una sezione djent davvero pesante e groovy. Somewhere Better varia le carte in tavola per un brano che si basa molto sulle melodie vocali cercando di coinvolgere l’ascoltatore grazia ancora una volta alla bravura e la dolcezza della voce della frontwoman. Anche in questo caso nonostante la semplicità del brano siamo ancora una volta difronte ad uno dei pezzi migliori del disco per una semi-ballad certamente ben fatta e coinvolgetene. The Underworld con il suo inizio quasi power metal ci mostra in seguito una Melissa indemoniata sputare a raffica in growl parole una dietro l’altra, mentre la band ritorna su quelle ritmiche djent che ogni tanto riappaiono qua e là nel disco talvolta seguite da degli assoli di chitarra melodici e di buona fattura come accade in questo pezzo per l’appunto. Ravenous porta degli strumenti a fiato all’inizio del pezzo per una prima parte del brano che riporta quello stile catchy del gruppo per poi stravolgere tutto con una sezione in “spoken- word” della stessa vocalist che poi esplode in un growl feroce accompagnato da una ritmica bella pesante. L’album a questo punto inizia a trascinarsi un pochino faticosamente verso la fine, a partire dalla discreta e melodica semi-ballad Under The Burning Skies, uno di quei pezzi in cui la componente orchestrale e sinfonica appare più evidente per una band che sicuramente non abusa di questo particolare dettaglio non risultando mai pomposa ed eccessivamente sinfonica alle orecchie degli ascoltatori benché delle lievi orchestrazioni siano quasi sempre presenti nella loro musica. Da segnalare la closer Legends in cui troviamo Chrigel degli Eluveitie come ospite che apre il pezzo con uno spoken word molto d’effetto creando un’atmosfera mistica e intrigante che viene però quasi subito spazzata via quando il brano prende totalmente la deriva verso sonorità completamente diverse e ancora una volta molto più moderne e accessibili.

Tirando le somme crediamo che questo nuovo disco degli Ad Infinitum potrà senz’altro piacere a tutti quei fan che seguono quel filone di band più melodiche e catchy nel panorama metal come Delain, Amaranthe e Beyond The Black. Il disco è senz’altro un opera che musicalmente sa essere piuttosto variegata e dalla proposta eterogenea, brillando soprattutto però in quei momenti in cui brilla maggiormente la stessa di Melissa Bonny una vocalist davvero talentuosa e poliedrica. Il disco purtroppo per chi scrive non mantiene una brillantezza del songwriting uniforme per tutta la durata del platter con forse una manciata di pezzi di troppo che potremmo definire nella media al massimo, non avendo questi ultimi la spinta e le idee vincenti dei singoli che per quanto ci riguarda rimangono i pezzi migliori del lotto. Detto questo non abbiamo dubbi sul fatto che questa band negli anni potrà diventare un punto di riferimento per tutti quei fan che amano un certo tipo di metal più melodico, catchy e accessibile. Le carte in regola per fare bene ci sono tutte.

Tracklist:
1.Eternal Rains
2. Upside Down
3. Seth
4. From The Ashes
5. Somewhere Better
6. The Underworld
7. Ravenous
8. Under The Burning Skies
9. The Architect Of Paradise
10. The Serpent’s Downfall
11. New Dawn
12. Legends

Line-up:
Melissa Bonny – Voce
Adrian Thessenvitz- Chitarra
Korbinian Benedict – Basso
Niklas Muller – Batteria

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