Brian: “Sei una leggenda Fred”,
Freddie: “Noi siamo leggenda”.
Quando si vanno a disturbare gli dei nella loro casa lassù sul monte Olimpo è sempre pericoloso, bisogna corazzarsi dalle frecciate dei credenti che, vedendo la loro fede profanata, si sentono in dovere di fare una crociata contro il blasfemo che ha osato toccare la loro divinità preferita.
In parte questo è proprio quello che è successo a Bryan Singer, regista del biopic sulla storica band Queen e sul leggendario front man Freddie Mercury, dal titolo tratto da uno dei loro brani più iconici Bohemian Rhapsody.
Già dal suo debutto nella sale (in Italia avvenuto il 29 Novembre 2018) la pellicola ha diviso il pubblico come Mosè il Mar Rosso; da un lato c’è chi lo ritiene un capolavoro assoluto, senza sé e senza ma, dall’altro chi, sentendosi toccato laggiù dove fa più male, lo definisce un inglorioso ricordo di Freddie; Qual’è allora la verità? Come sempre sta nel mezzo.
Per chi fosse stato congelato in una capsula del tempo negli ultimi decenni e non sapesse chi siano i Queen o Freddie Mercury, ecco la trama del film molto in breve.
Londra 1970, nei sobborghi della capitale Inglese vive un giovane universitario di origine Parsi, di nome Farrokh Bulsara (interpretato magistralmente da Rami Malek), la cui vita si alterna tra lezioni, lavoro all’aeroporto e serate passate nei locali ad ascoltare le band Rock n’ Roll che vi si esibiscono.
E’ proprio in uno di questi locali che una sera Farrokh incontra Brian May (Gwilym Lee) e Roger Taylor (Ben Hardy), rispettivamente chitarrista e batterista di una band di nome Smile, band di cui Farrokh è fan.
I due giovani musicisti sono nel parcheggio che discutono della defezione del loro cantante e bassista, andatosene per seguire altre strade; Farrokh al sentire quelle parole, coglie la palla al balzo e si propone come sostituto.
Dopo un primo tentennamento Brian e Roger decidono di dare una possibilità a quello strano ragazzo e lo accettano nel loro gruppo.
Qualche tempo dopo anche John Deacon (Joseph Mazzello) entra a far parte della band come bassista e, dopo il primo concerto fatto insieme, sia il pubblico che i suoi compagni, capiscono che Farrokh ha qualcosa di speciale che non avevano mai visto in nessun altro.
Con la nuova formazione iniziano a fare concerti in tutta l’Inghilterra, cambiando il loro nome da Smile a Queen e facendosi conoscere ed apprezzare da un numero sempre maggiore di fan, sopratutto per gli atteggiamenti decisamente sopra le righe del nuovo cantante che nel mentre cambia il suo nome in Freddie Mercury ritenendolo più di impatto.
Grazie alla loro musica innovativa e le sperimentazioni sonore i quattro ragazzi vengono notati da un importantissimo discografico della EMI che propone loro di incidere un disco che li porterà a suonare addirittura negli Stati Uniti.
Contemporaneamente al successo musicale Freddie si fidanza con Mary Austin (Lucy Boynton), la ragazza che ha incontrato nel backstage del concerto degli Smile e che diventerà una delle persone più importanti e significative della sua vita.
Da questo momento in poi inizia per i Queen la scalata verso il successo che li porterà a calcare palchi di tutto il mondo.
Il successo però porta con sè diverse conseguenze e cambiamenti, sopratutto per Freddie che, nonostante l’affetto e l’appoggio delle persone a lui care non sarà in grado di gestire e con cui si scontrerà duramente.
Bohemian Rhapsody non è un documentario che ha quindi il compito di raccontare i fatti con l’accuratezza della cronaca, è un film e pertanto ha l’obiettivo di raccontare una storia che sia innanzitutto coinvolgente dal punto di vista emotivo e, per quanto mi riguarda, è esattamente ciò che questa pellicola fa.
Guardandola si provano una serie di emozioni diverse, ti fa ridere e poi ti fa piangere, ti mette malinconia e ti riporta allegria subito dopo, ti fa innamorare dei suoi personaggi e della loro umanità, facendoti dimenticare che si tratta di Rock Star leggendarie di cui si ha quasi timore a parlarne, restituendo loro la dimensione di esseri umani.
Il regista ha avuto la capacità di raccontare una storia vera dandole quel qualcosa in più che ti spinge a voler rimanere attaccato alla sedia fino alla fine dei titoli di coda e se per fare questo ha dovuto prendersi alcune libertà, ben venga (sopratutto mi chiedo, tutti questi fan dei Queen prima del film dov’erano?).
I concerti sono riprodotti meticolosamente sia dal punto di vista dell’audio (vi sfido a non emozionarvi nella scena in cui migliaia di persone cantano Love Of My Life, da brividi!) che dal punto di vista della ricostruzione video, in più occasioni si ha davvero l’illusione di essere presenti ad uno dei leggendari Show dei Queen.
Degna di nota è l’interpretazione degli attori, sopratutto di Rami Malek che riesce a raggiungere una somiglianza notevole sia dal punto di vista fisico che per quanto riguarda i movimenti e le espressioni di Freddie, talmente perfetto da essersi guadagnato l’Oscar e se non ci credete provate a guardare le scene del Live Aid sovrapposte a quelle del film.
E’ indubbio che alcune delle vicende narrate siano state modificate per aumentare il pathos mentre altre sono temporalmente sbagliate, ed è proprio questa la cosa che di più fa imbestialire i puristi, ma se si riesce a percepire l’anima del film, gli errori diventano secondari.
Concludendo, Bohemian Rhapsody ha certamente dei difetti ma è un film di cuore che ti emoziona e che al termine ti lascia una sensazione di bellezza, un film che è un’esperienza musicale completa e che vale la pena vedere a prescindere che voi siate o meno fan dei Queen, sempre che al mondo qualcuno esista.

Di nuovo vi ringrazio per aver letto questa recensione un po’ diversa dal solito e vi do appuntamento al prossimo articolo sempre su questi schermi.
Anch’io ho dedicato un post a questo film: https://wwayne.wordpress.com/2019/02/25/we-are-the-champions/. Che ne pensi?
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sono molto d’accordo con te 😉 ottima riflessione;)
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Ricambio i complimenti: anche il tuo blog spacca, infatti mi sono iscritto. Grazie per la risposta! 🙂
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grazie a te per il commento 😉
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