Sum 41 – Heaven :x: Hell

Anno: 2024
Etichetta: Rise Records
Voto: 6.5/10

Classificazione: 3 su 5.

Sono tornati per quello che sarà il loro ultimo e definitivo disco in studio una delle massime icone pop-punk degli anni duemila. I Sum 41 sono infatti stati una band che nel loro filone hanno veramente creato album seminali e molto caratteristici a livello di sound passando dal tipico pop-punk di All Killer No Filler alla loro versione dello stesso genere contaminato da bordate sonore in pieno stile thrash metal come accadde su Chuck. L’ora di appendere la chitarra al chiodo tuttavia è purtroppo giunta, ma prima di lasciarci la band di Deryck e compagni ci vuole salutare con un disco lungo e articolato che sfiora l’ora di musica e che racchiude un pochino tutte le sonorità che hanno contraddistinto la carriera della band.

L’album in questione è davvero ambizioso quindi sia come durata che come struttura. Il disco è difatti diviso in due parti, la prima chiamata “Heaven” è dove in linea di massima risiedono i brani dal sound più tipicamente pop-punk e vicini ad un disco come All Killer No Filler. La seconda denominata “Hell” è la parte dell’album dove il quintetto canadese spinge di più sull’acceleratore regalandoci delle vere e proprie bordate sonore che si avvicinano alle sonorità di Chuck del 2004 con alcuni pezzi come per esempio House Of Liars che hanno una vena più teatrale avvicinandoci come stile ad alcune composizioni di un album come Screaming Bloody Murder. Gli assoli a folle velocità di Dave Baksh non mancano specialmente nei brani più tirati e lo stesso vocalist Deryck appare in ottima forma vocale. Partendo con la prima sezione del disco (Heaven), la band inaugura il platter molto bene con Waiting On A Twist Of Fate che ci riporta indietro ai primi anni duemila con una composizione pop-punk diventerete, ultraveloce e con un chorus abbastanza godibile e memorabile- stacco di pianoforte e samples elettronici e via che si riparte mentre il disco prosegue con il primo singolo Landmines che mostra la vena più pop della band per un pezzo che (produzione a parte), potrebbe benissimo essere stato collocato in All Killer, No Filler I Can’t Wait sarebbe una delle migliori composizioni del disco se non fosse per il riff che assomiglia fin troppo a quello di I Want You Bad degli Offspring per una canzone nel complesso comunque molto godibile. Future Primitive è un altro brano piuttosto buono contenuto nella prima sezione del disco, prima sezione che allo stesso tempo vede qualche composizione di troppo che suona poco avvincente e un pochino derivativa come Time Won’t Wait che riporta quella forte vena pop-punk alla All Killer/Underclass Hero. Stessa cosa si potrebbe dire per Dopamine con un ritornello piuttosto fiacco e stanco, mentre Radio Silence chiude la prima parte del disco con una ballad abbastanza anonima. Per fortuna ci pensa l’inizio della sezione “Hell” a rimettere le cose verso la giusta direzione con l’intro in crescendo di Prepararsi A Salire (ma non dovrebbe essere casomai “a scendere” dato che passiamo dal paradiso all’inferno?) che sfocia in Rise Up (ecco guardando quest’ultimo titolo il nome dell’intro ora ha più senso…) che è una bordata micidiale in cui anche le atmosfere si fanno più cupe e seriose. Riff spaccaossa e assoli al fulmicotone per un pezzo che ci risveglia dal torpore e le cose continuano in maniera positiva con Stranger In These Times leggermente più mid-tempo e “groovosa” nel suo incedere iniziale per un pezzo che esplode per l’ennesima volta in un altro brano drammatico e veloce che non avrebbe sfigurato su Chuck. Ci sono due pezzi che si collegano l’uno con l’altro come Over The Edge e House Of Liars di cui abbiamo già parlato, mentre un altro buon pezzo con un riffing roccioso e interessante è rappresentato da You Wanted War; tante influenze pescate dal metal per un brano che non fa prigionieri con un assolo quasi slayeriano! Discreta la cover di Paint It Black mentre il gran finale è affidata al pezzo How The End Begins, titolo appropriato per una semi-ballad che riflette sulla fine di questo percorso, più di vent’anni “on the road” e il punto di chiusura di una carriera che per citare la canzone stessa “nessuno si potrà mai riprendere”. Una chiusura sul dolce-amaro come prevedibile sia dal punto di vista dei testi che della canzone in se che per quanto sia sentita ed emotiva poteva sicuramente incidere di più, almeno per quanto ci riguarda.

Che dire dunque di questo album finale dei Sum 41? Sicuramente un disco godibile e ambizioso, che ci mostra le due facce del sound della band canadese, quella più frizzante e pop-punk e quella più rocciosa e “metal-oriented”. Sicuramente c’è qualche brano di troppo che sa di derivativo, qualche riff riciclato e manca l’ispirazione di un tempo ma il disco risulta tutto sommato godibile con un’ottima produzione anche se per quanto ci riguarda una tagliata al minutaggio avrebbe certamente giovato sul risultato finale. In ogni caso, nell’attesa di vedere i Sum per la prima (almeno per il sottoscritto) e anche l’ultima volta (anche se mai dire mai…) quest’estate a Milano assieme ad Avril Lavigne per una combo esplosiva che ha già visto la data fare sold-out, ci godremo questo nuovo lavoro della band canadese che pur non brillando particolarmente, intrattiene e diverte.

Tracklist:
1. Waiting On A Twist Of Faith
2. Landmine
3. I Can’t Wait
4. Time Won’t Wait
5. Future Primitive
6. Dopamine
7. Not Quite Myself
8. Bad Mistake
9. Johnny Libertine
10. Radio Silence
11. Prepararsi A Salire
12. Rise Up
13. Stranger In These Times
14. I Don’t Need Anyone
15. Over The Edge
16. House Of Liars
17. You Wanted War
18. Paint It Black
19. It’s All Me
20. How The End Begins

Line-up:
Deryck Whibley – voce, chitarra
Dave Baksh- chitarra
Tom Thacker – chitarra
Jason McCaslin – basso
Frank Zummo – batteria

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