Ieri sera al Legend Club di Milano c’è stato un evento unico nel suo genere: i Break Me Down hanno presentato il loro ultimo album Soul Clashes, e noi di Universo Rock & Metal ne abbiamo approfittato per fare quattro chiacchiere con il gruppo. Scoprite di cos’abbiamo parlato!
Buonasera, ragazzi. Come state?
– Break Me Down: Bene, grazie!
Oggi è il grande giorno di pubblicazione del vostro album Soul Clashes. Siete soddisfatti del risultato finale?
– Laerte: Decisamente: ci abbiamo lavorato per tanto, tanto tempo, quindi oggi è il coronamento di quello che è tutto il lavoro che abbiamo fatto ed è abbastanza stancante. Infatti siamo cotti.
– Veronica: È stato come una gravidanza. Nove mesi di gestazione, con il parto che arriverà fra circa un’ora e mezza [il release party, ndr].
– Fabio: No, io il parto l’ho fatto già prima.
– Laerte: Sì, perché lui è già papà. Quindi ha già ha dato.
– Luke: Leggerissimo, non me ne sono nemmeno accorto. Io sono arrivato dopo.
Qual è la canzone di Soul Clashes più interessante su cui avete lavorato?
– Veronica: Allora la mia preferita è Only Love. Infatti piccolo spoiler, la canzone avrà due versioni, quella normale e la versione piano. Non perché fosse la mia preferita ma perché si prestava particolarmente. Infatti l’idea è nata in studio perché era una prova tra me e Matteo Magni, per questo disco lui è il produttore. E abbiamo detto: “Perché non facciamo una versione piano di questa canzone?”. Sia per la tematica, sia perché è una di quelle canzoni che fa venire gli occhi lucidi.
– Fabio: Not A Liar. Mentre stavamo preparando i brani, ho chiesto a Laerte un brano con quella ritmica. E quando me l’ha fatto sentire è stato fantastico.
– Luke: Anche per me Not A Liar. Mi piacciono le canzoni potenti.
– Laerte: Le mie sono due, in realtà. Una perché forse è quello più il testo più cattivo che ho scritto finora ovvero Until The End Of Time, poi un’altra invece per il significato che ha, ovvero Into The Water. Il testo di entrambe mi ha preso particolarmente quando l’ho dovuto scrivere.
– Veronica: I testi li scrive Laerte, quindi è uno di quelli che fondamentalmente sa di cosa stiamo parlando e di cosa c’è dietro la musica.
– Laerte: Diciamo che la ricerca è tanta, perché quando facciamo le cose vogliamo fare non solo la musica, ma anche i testi, i significati, tutto quello che facciamo è importante. Di conseguenza non mi piace scrivere cose banali, nonostante mi sia stato detto, dopo i primi tre singoli che li facevo troppo complicati.
Ci raccontate un episodio divertente che vi è capitato durante un concerto?
– Laerte: Veronica, quando deve intrattenere il pubblico, a volte si trova in quelle situazioni un po’ imbarazzanti e automaticamente ci fa trovare tutti e quattro in situazioni imbarazzanti senza volerlo. E a volte ci diciamo quando siamo proprio sul palco: “Ma l’ha detto veramente?” Palchi ne abbiamo fatti tanti e di episodi divertenti ce ne sono stati più che altro fuori dal palco. Perché poi sono sono quei momenti in cui ti diverti, alla fine ci divertiamo anche quando facciamo il souncheck, quando si parla con le altre band, si chiacchiera, ci si diverte anche in quel frangente. Poi quando c’è da fare i seri, Veronica non lo è mai.
– Fabio: La prendiamo in giro ancora adesso.
– Veronica: Però per questa sera io cosa ho fatto? Ho detto “Ragazzi, siccome non so parlare adesso ci mettiamo qui tutti e quattro e mi dite cosa devo dire.” Al Metal for Emergency, per esempio, mi hanno preso un po’ tutti in giro perché ho detto: “Adesso se non pogate in questa canzone, scendo lì e vi picchio tutti.” Quindi logicamente la gente cosa non ha fatto? Non ha pogato perché ha detto “Sì. Dai, così scendi.” Quindi magari forse è meglio guardare quello che devo dire durante i concerti.
– Laerte: Prima quando eravamo in due chitarristi, il dramma era che c’era sempre qualcosa che non andava sul palco. C’è un altro aneddoto, però questa era abbastanza una barzelletta perché è successa proprio qui al Legend. C’era un una canzone in cui alla fine io e l’altro chitarrista all’epoca facevamo una sorta di passo avanti. Però lui non ha visto bene davanti, è scivolato e definito esattamente tra la transenna e il palco, nel pit. Io non me ne sono accorto perché ero intento a suonare. Poi quando ho visto il video basta, è partita la barzelletta.
Avete mai insegnato a qualcuno a suonare o a cantare?
– Luke: Io insegno basso elettrico da un anno e mezzo in un’accademia a Milano e in un’accademia zona Brescia. Perché sono di Brescia. Diciamo che qualche allievo ce l’ho e ed è sempre molto interessante anche interagire con ragazzi di età diversa. Perché ti capita il ragazzino di dodici anni, ti può capitare il signore di cinquant’anni ed è sempre bello cercare di capire come meglio approcciarsi, perché non puoi tenere lo stesso tipo di atteggiamento.
– Fabio: A qualcuno sì. Non lo faccio di lavoro, però sì, un paio di ragazzini, ma anche un paio di ragazzi un po’ più grandi.
– Laerte: La stessa cosa anch’io; coi bambini è un po’ più difficile perché si cerca sempre di farla in una maniera divertente, ma poi finisce sempre in caciara.
– Fabio: Loro si aspettano di arrivare e suonare subito lo strumento. In realtà è molto più complicato e all’inizio gli esercizi da fare son noiosi. Il problema è che son quelli per tutti, a meno che non sono proprio bambini piccoli, piccoli, ma ci sono maestri apposta che sono preparati solo per quello.
– Laerte: Per tutti i ragazzini, io posso dire una cosa: gli esercizi che vi insegniamo all’inizio che sono noiosi, li facciamo ancora noi adesso. Perché servono a riscaldare la mano, a prendere un attimo di manualità. Li facciamo prima dei live, quindi comunque ci servono quei venti, trenta minuti di preparazione e quelle sono le cose fondamentali. Quindi so che può essere noioso, ma ricordatevi che anche dopo venti trent’anni che uno suona lo strumento continuano a essere importanti.
– Luke: Confermo.
– Veronica: Io no. C’è una motivazione ed è perché scelgo di non farlo. E semplicemente perché non mi reputo in grado. Io invece vado a lezione di canto, però io non so insegnare. Cioè, non sarei capace di insegnarlo a qualcuno, perché vivo il canto in una maniera diversa, non solo tecnica. La vivo proprio in una maniera da voler esprimere ciò che ho dentro. E quindi è una cosa mia.
Se qualcuno vi chiedesse un consiglio su come creare una band e la musica, cosa gli direste?
– Fabio: Se lo fai per divertimento va bene, altrimenti lascia stare. Perché devi intanto divertirti. Se il tuo scopo è solo quello di diventare famoso, poi è molto probabile che ne rimani deluso. Ce ne sono migliaia di band in giro.
– Luke: Il consiglio è quello di trovare delle persone che, ancora prima di saper suonare bene il proprio strumento, abbiano la testa sulle spalle. Perché tante volte di gente brava a suonare ne trovi senza tanti problemi; avere persone che hanno magari la testa per dire “Okay, le cose da fare sono questo, questo” e si mettono lì a farlo, arrivano le prove, insomma, è quello il più. Anche perché se dopo magari tu ci metti impegno, vedi che di là non ci mettono impegno, la poesia prima o poi ti passa. Comunque bisogna remare tutti nella stessa direzione: non è che uno può remare al contrario o star fermo. Altrimenti prima o poi ci si stanca.
– Laerte: Il consiglio è quello di lavorare a testa bassa senza aspettarsi niente. Cioè, se vuoi un qualcosa, non aspettare che siano gli altri a farla. Falla tu per primo. Mettiti in gioco prima tu, investi su te stesso. Anche noi, come band non prendiamo soldi da nessuno. Tutto quello che è la band è un investimento. È un vuoto a perdere, diciamo noi. Crederci sempre, arrendersi mai. Questa è la cosa principale. Nonostante tutto le difficoltà ci saranno sempre. Ci sono per organizzare una serata, ci sono per organizzare un tour, ci sono per prendere le date, ci sono per fare un disco, ci sono per per far stampare i CD. Ci sono problematiche in ogni angolo e sono tutte volte a fermarti. Quindi se tu ti vuoi far fermare, allora lascia perdere, non iniziare neanche. Se invece però vuoi iniziare, sappi che è un percorso a ostacoli e non migliora. Quindi bisogna sempre metterci la testa, la voglia e cercare di non fermarsi mai. Non fatelo per diventare famosi. Non fatelo per la gloria. Fatelo per la musica. Fatelo perché quando magari siete arrabbiati e mettete su la musica che avete scritto voi dite “Caspita, però questa l’ho fatta io” cioè compiacetevi di quello che fate perché è quello il modo migliore per andare avanti. Nonostante tutte le vicissitudini che vi possano parare davanti. Quando sentite la vostra musica deve venirvi la pelle d’oca. E se vi viene la pelle d’oca, allora avete vinto.
– Veronica: Io quello che invece dico è: di porte in faccia ne riceverai tante, di bastonate sui denti ne riceverai tante. Ma quello che fondamentalmente ti devi ricordare è che la passione che hai è quello che devi portare avanti. Perché soprattutto per una band dell’underground, per una band piccolina che si costruisce da zero, che appunto, come diceva anche Laerte fondamentalmente investi tu quindi dai soldi e non ti rientrano quelli che tu spendi, deve portarti avanti fondamentalmente la passione, e quello che consiglio è di fare tanto, tanto lavoro di squadra. Creati la tua squadra, creati la tua seconda famiglia, che è la famiglia musicale. E se hai questo hai fatto bingo. E poi pian piano tutto verrà da sé.
– Fabio: Secondo me con questi consigli non inizia nessuno.
Quando vi intervistano, a quali domande non vi piace rispondere?
– Laerte: Beh, a noi ci hanno chiesto una marea di volte “Perché Break Me Down?”. Ormai ormai ho perso il conto di tutte le volte che ho risposto a questa domanda.
– Veronica: “A quale artista tu ti ispiri?” Oppure “Qual è il tuo gruppo preferito?” Non è che io non ho un artista a cui mi ispiro. Ci sono degli artisti che mi piacciono molto, ce ne sono tanti e da ognuno di loro cerco di prendere qualcosa. Ma io come artista cerco di essere io e non copio nessuno, non mi ispiro a nessuno. E quindi per forza devo ispirarmi a qualcuno? Perché io sono io.
– Laerte: Anche perché la domanda successiva a questa è sempre un paragone. Quindi noi veniamo paragonati perennemente a sempre le solite band con voce femminile. L’accostamento che ci è stato fatto più volte, perché siamo italiani e abbiamo la voce femminile sono i Lacuna Coil. Abbiamo suonato loro ben due volte e loro per primi ci hanno detto “Ma voi non c’entrate niente con noi”. Se volete glielo facciamo registrare così tutte le volte che qualcuno ce lo chiede, diremo “Ascoltate cosa dicono di noi i Lacuna Coil”. Da un certo punto di vista ti fa piacere però oggettivamente noi non facciamo lo stesso genere dei Lacuna Coil, non facciamo lo stesso genere dei Nightwish, non facciamo gli Evanescence. Non fermatevi alla superficie delle cose. Accostare i generi ci sta, ma non così.
– Luke: “Che genere fai?” Il genere non è una cosa assoluta. Non è che se fai quel genere a me in assoluto piace o non piace. Devo sempre ascoltare il gruppo. Ci può stare che un genere possa interessarmi più di un altro. Non è che se fate nu metal piuttosto che trash metal allora è sì assoluto o no assoluto, Io adoro, per dire, il nu metal, ma ascolto un gruppo che fa quel genere e mi fa piangere. Quindi non è sinonimo di qualità. Serve semplicemente magari per dare un’idea di quello che puoi fare, ma all’interno di un genere ci sono infinite diramazioni e quindi non ridurre tutto a a un genere. Anche perché saremmo rimasti fermi ai generi degli anni cinquanta e sessanta. Ogni volta qualcuno mette dentro qualcosa nella propria musica, il genere cambia un pochettino e quindi dopo arriva una nuova etichetta. La cosa di dover etichettare per forza quello che state ascoltando mi sta un po’ stretta.
Cantate sotto la doccia? Se sì, cosa cantate?
– Laerte: No, io no. Ma io suono la chitarra. Basta così!
– Veronica: Allora io devo ammettere che mi sfogo un sacco e mi diverto un sacco. Infatti il mio compagno mi dice “Se qualcuno ti sente cantare sotto la doccia o in casa non direbbe mai che tu sei una cantante.” Perché io mi diverto a cantare completamente stonata. E quindi canto cose a caso, soprattutto invento canzoni al momento o invento canzoni ai gatti.
– Fabio: Io al massimo mi picchio sulla pancia.
– Luke: In macchina sì, ma sotto la doccia no. Probabilmente sono un muto. Nel senso devo fare tipo un suono ad un certo punto per rendermi conto che ho una voce perché sono fermo in silenzio.
Volevo fare un piccolo gioco con voi. Come vendereste della cioccolata calda in Florida d’estate?
– Veronica: Allora, i cinesi insegnano che una bevanda calda durante l’estate abbassa la temperatura corporea. La cioccolata è buona, è calda, quindi d’estate va bene.
– Fabio: Lo fanno anche nel deserto con il tè caldo.
– Veronica: Siamo dei grandi venditori.
– Luke: Io sono intollerante al lattosio. Però l’approccio scientifico di termoregolazione ci può stare.
– Laerte: Che ti frega che fa caldo? La cioccolata è sempre buona.
Grazie per aver preso del tempo per fare quest’intervista! Volete aggiungere qualcosa ai lettori della webzine?
– Laerte: Grazie per l’opportunità. Grazie a tutti quelli che, grazie alla tua intervista, ci seguiranno o comunque andranno a cercarci sui social o saranno un po’ curiosi di capire chi sono questi quattro personaggi che hanno appena risposto alle tue domande.
