Charlie’s Good Tonight

Autore: Paul Sexton
Anno: 2023
Editore: HarperCollins
Pagine: 320
Prezzo: 23,00 €

Poco meno di due anni fa Charlie Watts lasciava questo mondo. Per circa sessant’anni, la roccia su cui poggiavano i Rolling Stones – pur rappresentando l’antitesi della “tradizionale” rockstar – aveva mantenuto la barra dritta di una band in costante bilico tra lutti (la scomparsa di Brian Jones su tutti), avvicendamenti (come quello del bassista Bill Wyman, ritiratosi nel 1993) e bisticci su e giù dal palco. Un uomo timido, legato visceralmente alla propria famiglia, definito dagli altri membri del gruppo – i magnifici “reduci” Mick Jagger, Keith Richards e Ronnie Wood – una persona calma e riflessiva, ma capace di incutere rispetto. Il giorno della morte, avvenuta il 24 agosto 2021 all’età di 80 anni, il suo agente confermava così la notizia: “È andato in pace oggi in un ospedale londinese circondato dai familiari. Charlie era un marito, un padre e un nonno amato nonché, in quanto membro dei Rolling Stones, uno dei più grandi batteristi della sua generazione“.

Da qui la biografia ufficiale e autorizzata di Charlie Watts. Titolo del volume: Charlie’s Good Tonight. Firmato dall’autore-broadcaster Paul Sexton – ha cominciato a scrivere di musica da adolescente, correva l’anno 1977, seguendo gli Stones per oltre tre decadi – il libro (disponibile anche in versione ebook a 10,99 euro), tradotto da Daniela Liucci, può contare sulla doppia prefazione di Jagger e Richards. E mentre il primo (che pochi giorni fa ha spento 80 candeline) ricorda come il batterista fosse “Intelligente e parlava in maniera pacata, ma sapeva essere diretto e diceva ciò che pensava. Riguardo alla sua vita privata era riservato, ma comprendevamo i rispettivi modi di ragionare. E anche se era una persona molto tranquilla, aveva un gran senso dell’umorismo e ridevamo come matti“, il chitarrista che ha ispirato Jack Sparrow, il personaggio interpretato da Johnny Depp nella saga Pirati dei Caraibi, lo definisce “Una delle persone più autentiche che abbia mai conosciuto“. Lo stesso Richards (oggi 79enne) rammenta ancora: “Charlie era un uomo molto riservato. Ho sempre avuto la sensazione che non fosse necessario andare da lui a chiedergli di parlare, a meno che non fosse lui ad aver voglia di farlo. Non aveva lati nascosti, con lui non esistevano artifici“.

Facendo scorrere all’indietro le lancette dell’orologio, più che mai impietose quando viene a mancare un musicista di tale caratura, Sexton (i cui lavori sono apparsi su testate del calibro di Times, Daily Telegraph, Guardian, Billboard e tante altre) sviscera l’incredibile storia di un instancabile professionista inglese, un uomo amorevole e lungimirante. Arricchito da interviste inedite ai famigliari, agli amici, ai collaboratori e – come anticipato – agli altri membri della band, Charlie’s Good Tonight è un racconto minuzioso che prende il là dal 1962, quando poco dopo aver formato il gruppo, gli Stones cercavano un batterista fisso e non un turnista (il 12 luglio di quell’anno la band, che si esibì nel suo primo concerto, sul palco del Marqueee Jazz Club di Londra, contava su Mick Jagger alla voce, Brian Jones e Keith Richards alla chitarra, Ian Stweart al piano e Dick Taylor al basso. Sul nome del batterista, invece, c’è una “disputa”: alcuni fan parlano di Tony Chapman, mentre Richards nella sua fortunata autobiografia del 2010, Life, persevera sull’amico Mick Avory).

I “nostri” ne individuarono uno che sembrò subito fare al caso loro, un musicista jazz già conosciuto sulla scena dei locali all’interno dei quali si suonava il rhythm and blues. E qui è inevitabile aprire una corposa parentesi, poiché il batterista degli Stones ha sempre coltivato la passione per il jazz, con i lavori in studio From One Charlie (1991), A Tribute to Charlie Parker With Strings (1992), Warm & Tender (1993) Long Ago & Far Away (1996), Charlie Watts Jim Keltner Project (2000), The Magic of Boogie Woogie (2020), Anthology (2023, uscito postumo) e gli album interamente dal vivo Live at Fulham Town Hall, Watts at Scott’s e Charlie Watts Meets the Danish Radio Big Band – nell’ordine – del 1986, 2004 e 2017. Parliamo appunto di Watts, che per fortuna accettò senza indugi l’invito ad entrare nel gruppo. Nel momento stesso in cui si sedette alla batteria, il compianto musicista degli Stones – la cui tecnica musicale, precisione e preparazione hanno ancora pochi eguali – non sbagliò un colpo (in tutti i sensi).

Soprattutto, Watts era con la band nel periodo (irripetibile) della Swinging London, quando gli Stones toccarono l’apice della celebrità, e con loro cavalcò le frenesie degli anni Settanta rappresentati dall’iconico album Exile on Main St. pubblicato nel 1972. E ancora, dopo aver lottato con i propri demoni, Watts riuscì ad emergere illeso dagli anni Ottanta, rafforzando la sua reputazione di controparte riflessiva e colta, ma tutt’altro che meno affascinante dei suoi ben più ribelli compagni (“quasi ogni aspetto della sua personalità unica rivelava che Charlie era l’esatto opposto dell’eroe rock che rappresentava per milioni di persone. Forse non è mai esistito un altro musicista di tale calibro che abbia trascorso tutto quel tempo a sopportare stoicamente proprio gli inconvenienti del successo universale che quasi ogni artista sogna”, riporta ancora la biografia Charlie’s Good Tonight).

Sexton, dunque, traccia nel suo volume il ritratto di un artista immenso, tanto riservato (si concedeva di malavoglia perfino alle standing ovation del pubblico degli stadi dove suonava) quanto ironico (“lascio che gli altri facciano quel che vogliono e non è una caratterista tipica dei bandleader. Se fossi stato io il leader degli Stones, non saremmo andati da nessuna parte. Dopo trent’anni saremmo ancora in cerca di un amplificatore“, ha dichiarato alla rivista Rolling Stone nel 1991), certosino nel curare la forma fisica (“Charlie sapeva bere e l’alcol lo reggeva. Ma odiava il fatto che lo facesse gonfiare. Cominciò a ingrassare, una cosa per lui imperdonabile”, ricorda Richards) e nell’indossare abiti di alta sartoria (“il suo stile nel vestire viene da mio padre, che era un uomo molto elegante”, le parole della sorella Linda Watts. Che aggiunge: “Papà comprava le stoffe e si faceva confezionare gli abiti, quando usciva indossava sempre un trilby, mai un berretto. Ogni sera si lucidava le scarpe e Charlie era esattamente come lui, e lo sono anch’io“).

Con un ricco inserto fotografico (contraddistinto da scatti in bianco e nero e a colori, esclusivi e inediti) che lo ritrae da quando era neonato fino all’ultima istantanea (“alla fine di un concerto sotto un diluvio, anticipato di un giorno per evitare un uragano – incrociato –, Charlie si unisce per l’ultima volta ai suoi compagni sul palco“, esplicita la nota a corredo), Charlie’s Good Tonight è la biografia toccante e scorrevole di un uomo silenzioso, che amava profondamente la musica, la famiglia (figlio di un camionista, è sempre stato fedele a Shirley Ann Shepherd, scultrice e rinomata allevatrice di cavalli arabi, che sposò nel 1964 e da cui ha avuto una figlia, Seraphina Watts, nata nel 1968), gli amici. Un grande cultore di cimeli jazz (con particolare attenzione al suo sassofonista preferito, Charlie Parker). Come ricordano oggi i suoi compagni di vita: “Charlie è stato il cuore pulsante dei Rolling Stones per quasi sessant’anni, era totalmente unico e si è dedicato al jazz e alla letteratura fin da ragazzo. Era la quintessenza del gentleman inglese e la sua assenza è una grande perdita per tutti noi. Ci manca moltissimo”.

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